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CARNEVALE

La “scoperta” del carnevale di Mamoiada rappresenta per gli studiosi una conquista relativamente recente.

Le prime ipotesi interpretative si devono infatti allo storico nuorese Raffaello Marchi, che si dedicò allo studio delle maschere a partire 1951, dapprima supponendo che la loro cerimonia facesse riferimento a una vittoria dei pastori barbaricini sui mori invasori, poi ritenendo che vi si potesse riconoscere un rito totemico con il quale i mamuthones, cioè i contadini e i pastori, si identificavano nel bue in segno di mistica venerazione, e infine descrivendola come una delle processioni rituali che i sardi della civiltà nuragica dedicavano ai numi agricoli e pastorali.

Lo scrittore Salvatore Cambosu, invece, vide “nei vecchi prigionieri muti vestiti alla rovescia, con la cintura di campanacci e la collana di sonagli e nelle giovani guardie che li circondano …”, una rappresentazione della mitica pratica del geronticidio, congettura ripresa di recente da Francesco Masala.

Le direttrici di ricerca odierne, invece, si concentrano maggiormente sulle simbologie legate alla cultura pastorale barbaricina e al rapporto uomo-animale, ravvisando un processo di sovrapposizione del culto cristiano (la festa di S. Antonio), su un più antico rito di propiziazione celebrato in gennaio, mese di “transizione” tanto nelle attività agricole, in cui si attende la fine della stasi invernale e il conseguente riavvio della produzione, tanto in quelle pastorali, per la ripresa della lattazione.

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