SFILATA
Nei pomeriggi di domenica e martedì grasso, in attesa del passaggio dei mamuthones e degli issohadores, tutto il paese si ritrova nella piazza principale per festeggiare con il tradizionale ballu tundu nella variante mamoiadina de su passu torrau (lett. passo ritornato), che prevede appunto il ritorno sul passo precedente. II martedì, a chiusura del carnevale, i festeggiamenti proseguiranno fino a tarda sera con numerosi momenti conviviali, come la distribuzione in piazza delle fave con il lardo, alimento tradizionale di questo periodo in molti paesi sardi. Considerate cibo per i defunti, le fave hanno infatti trovato posto nella dimensione carnevalesca del “mondo di sotto” o “mondo alla rovescia”.
Se all’origine della sfilata dei mamuthones può intravedersi una forma di espressione degli auspici della comunità locale, che dalla terra e dal mondo animale traeva le risorse indispensabili alla sua sopravvivenza, oggi lo stesso rituale viene celebrato anche in funzione di un crescente numero di visitatori, attratti dalla sua atmosfera arcaica ma, al contempo, inevitabilmente implicati nei profondi mutamenti che hanno attraversato il carnevale di Mamoiada negli ultimi decenni.
Per tradizione, ad esempio, le maschere dei mamuthones dovrebbero essere dodici, come i mesi dell’anno, accompagnate da otto issohadores. Tuttavia in tempi più recenti il numero dei partecipanti è divenuto variabile, per estendere l’onore e l’onere di “inghere” (lett. vestire) ai mamoiadini che ne facciano richiesta.
Si è ormai persa anche la consuetudine di fermarsi presso alcune case del paese, dove le donne preparano le orulettas di carnevale (piccole trecce di pasta fritte e immerse nel miele), ma lungo il percorso i partecipanti alla sfilata effettuano qualche sosta nei luoghi di ristoro, addirittura prolungando la loro danza all’interno dei bar, pur mangiando e bevendo poco per lo sforzo richiesto dall’esibizione, nonché per la stretta delle cinghie dei campanacci sul torace.