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LA DOMA

LA DOMA

Antonio Carta Mula, allevatore e esperto domatore di cavalli

I primi comandi a cui il cavallo deve imparare a rispondere sono quelli dati con la fune e con le cosce. Piano piano poi lo si abitua alla briglia, perciò è molto importante che il cavallo sia già abituato al sentire la fune al collo (siet fattu a zugu, siet iscollau). Quindi, prima di venire montato, il puledro deve essere abituato alla fune: viene legato ad un punto fermo (un albero o un palo) e fatto girare sia da una parte che dall’altra, finchè non impara a girare bene. Viene abituato a stare legato (abituau a prendere).

Con la doma sarda a s’antiga, il cavallo veniva stancato a digiuno. Ddu accolliant (lo legavano ad un altro cavallo già domato che lo doveva guidare; la fune lunghissima attraverso cui i due cavalli erano legati partiva dalla pancia del cavallo domato e legava il collo del cavallo da domare). In due si saliva sul cavallo domato, facendolo trottare e dopo un po’ uno dei due montava il cavallo da domare. Teola, che ora ha 13 anni, è stata domata così. Si continuava così per tutta la mattina, finché il cavallo era esausto. Poi si ferrava e gli veniva messa la sella.

In un secondo momento veniva montato nuovamente, questa volta da solo, e portato in sentieri stretti in modo che non avesse molta libertà di movimento e quindi fosse più facilmente controllabile. Tutto questo avveniva in una sola giornata. In occasione della doma venivano chiamate 3 o 4 persone per aiutare e poi veniva fatto un pranzo. Ora questo si fa raramente.

I cavalli prima erano più piccoli, più resistenti e venivano trattati con meno delicatezza di oggi, sottoposti a più pesi e a più lavoro. Oggi non è più cosi’….

Su caddu cheret sighìu. Se viene domato e poi abbandonato è molto più faticoso riprenderlo. Prima questo non succedeva perché il cavallo veniva domato per necessità, era un mezzo di trasporto che serviva per il lavoro.

Il periodo ideale per la doma è da aprile in poi, col bel tempo. Dicono che a marzo non si devono domare ca (su caddu) bessiat troddincu, d’inverno non va bene perché fa troppo freddo e le giornate sono piccole. Le stagioni più adatte sono la primavera e l’autunno.

La maggior parte dei cavalieri dell’ardia usa sa briglia lussurzesa (la briglia fabbricata a Santu Lussurgiu). E’ particolare perché si usa con una mano, a differenza del filetto. Ci è rimasta, forse, dalla colonizzazione spagnola, perché la troviamo molto simile anche in Spagna. E’ formata da sa briglia vera e propria (il morso), su testale (che contiene la testa del cavallo), sas cambas de sa briglia (le redini), s’arbùle (una catenella che si fissa alla briglia sotto il mento del cavallo) che è una particolarità della briglia sarda.

Un altro elemento importante è Su pettorale, una fibbia in pelle che serve a fare in modo che la sella non si sposti verso dietro, è legato in due punti a su seddazzu, a destra e a sinistra del cavallo e sotto la pancia a sa gringa (un’altra fibbia in pelle).

Sa lettranca (il sottocoda) è una particolarità della sella sarda e serve a fare in modo che la sella non si sposti verso avanti. Si attacca a su seddazzu attraverso una fibbia.