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MAMUTHONES

E se vuoi un carnevale che non ce n’è un altro su tutta la terra, vattene a Mamoiada che lo inaugura il giorno di S. Antonio: vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori: un carnevale triste, un carnevale delle ceneri: storia nostra d’ogni giorno, gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro.” (S. Cambosu, Miele amaro, 1954)

Negli stessi anni in cui Salvatore Cambosu sintetizzava con queste parole l’unicità del carnevale mamoiadino, gli studiosi, i documentaristi e i fotografi cominciavano a cimentarsi nel difficile lavoro di interpretazione del mondo, fino ad allora pressoché sconosciuto, dei mamuthones e degli issohadores.

Nel tempo, quest’inedito e crescente interesse esterno, unito alle trasformazioni socio-economiche che la modernità ha impresso sulla piccola comunità locale di tradizione agropastorale, ha modellato i rituali in forme nuove, orientandone la funzione propiziatoria verso una buona stagione turistica più che verso una buona annata agricola, e modificandone gli aspetti organizzativi, originariamente fondati sull’adesione spontanea mossa dal piacere dell’ “inghere” (lett. “vestire”, indossare il costume da mamuthone), oggi ben più complessi e strutturati tanto nel gruppo Pro Loco quanto nel gruppo Atzeni Beccoi, investiti in egual misura della responsabilità di valorizzare la loro tradizione ben oltre i confini di Mamoiada e dei rischi legati alle dinamiche di spettacolarizzazione.